- Con il protrarsi del conflitto, il Pentagono punta alla creazione di un centro di comando unificato in Germania per gestire addestramento e approvvigionamento all’esercito di Kiev e per coordinare al meglio gli sforzi dei paesi alleati.
- Usa e Ue stanno però esaurendo le scorte di materiale militare e non possono intaccare ulteriormente le riserve dei loro eserciti nazionali per sostenere le forze dell’Ucraina.
- Gli Stati Uniti e i paesi europei dovranno fare i conti con le carenze del proprio sistema industriale e trovare il modo di adeguarlo al contesto bellico attuale, tenendo però in considerazione le proprie opinioni pubbliche.
Un centro di comando unificato per addestrare ed equipaggiare al meglio le forze ucraine, andando oltre le strutture emergenziali messe in piedi nei primi mesi dell’invasione russa e ormai inadeguate per affrontare un conflitto destinato a protrarsi ancora a lungo.
È questo l’obiettivo alla base della scelta americana di stabilire in Germania un comando unico in grado di coordinare gli sforzi Usa ed europei a sostegno delle truppe ucraine.
Secondo le indiscrezioni provenienti dal Pentagono, l’intenzione è di spostare il centro decisionale a Wiesbaden e di concentrare invece i programmi di addestramento dei soldati di Kiev nella base americana di Grafenwoehr o di Hohenfels.
Il nuovo comando dovrà coordinarsi anche con il gruppo di contatto per il supporto all’Ucraina – di cui fa parte anche l’Italia – creato dal dipartimento della Difesa a seguito dell’invasione russa e che coinvolge sia le forze Nato che le risorse finanziarie messe sul tavolo dai paesi dell’Unione europea.
Come affermato anche dal portavoce del comando europeo degli Stati Uniti, in questa fase del conflitto è importante coordinare al meglio gli aiuti offerti dai governi schieratisi al fianco di Kiev e rispondere così nella maniera più efficiente possibile alle necessità dell’esercito ucraino.
Una scelta, quella di un centro di comando unificato, che fa tra l’altro seguito alla ricollocazione sempre in Germania del centro di coordinamento internazionale dei donatori, che si occupa della fornitura di armi all’esercito di Kiev.
Analizzando le ultime mosse del Pentagono è facile intuire che gli Usa si aspettano che il conflitto prosegua ancora a lungo, ma coordinare gli sforzi americani ed europei non è sufficiente per garantire il successo di Kiev.
La produzione
A preoccupare maggiormente gli alleati del governo di Volodymyr Zelensky sono i limiti nell’approvvigionamento di materiale militare.
Usa ed Ue hanno fornito all’esercito di Kiev armi e munizioni fin dall’inizio dell’invasione, ma dopo sette mesi di conflitto le loro scorte iniziano a scarseggiare. Un problema evidenziato dall’Alto rappresentate per gli affari esteri dell’Ue, Josep Borrell, già a inizio settembre e su cui ha insistito di recente anche il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, nel corso di una riunione speciale dei direttori degli uffici armamenti dell’Alleanza.
Allo stato attuale, le industrie belliche europee e americane non sono in grado di reggere i ritmi dell’esercito ucraino, ma i governi non possono nemmeno permettersi di intaccare ulteriormente le riserve dei propri eserciti.
Il rischio quindi è che si assista nel prossimo futuro a una riduzione dell’invio di armi e munizioni verso l’Ucraina, con effetti negativi sulle capacità dell’esercito di Kiev di proseguire nella sua avanzata.
Per superare questo problema, gli Usa stanno valutando l’adozione di un modello di procurement maggiormente sostenibile che vada anche oltre i limiti delle industrie belliche occidentali, senza dover mettere mano alle riserve nazionali di armamenti.
Un primo tentativo è stato fatto a fine settembre dal Pentagono, che ha siglato un contratto con la Lockheed Martin per l’acquisto di 18 sistemi missilistici Himars da realizzare appositamente per l’esercito di Kiev.
La fornitura di questi nuovi armamenti e di altri prodotti bellici fa infatti parte della più grande Iniziativa per l’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina, un fondo approvato dal Congresso che permette a Kiev i di acquistare beni militari direttamente dall’industria della difesa e pensato per rafforzare l’esercito ucraino nel lungo periodo.
Il punto debole di questo modello sono però i tempi di consegna, molto più lunghi rispetto a quelli fino ad oggi garantiti dagli Usa e dall’Ue.
Potenziare l’industria
Per avere un’idea di quanto incida la guerra sulla produzione e sulle scorte di materiale militare, basta considerare alcuni dati.
La Lockheed-Martin per esempio produce 2.100 Javelin all’anno, ma l’Ucraina ne usa in media 500 al giorno: in due settimane potrebbe esaurire i pezzi esistenti senza che l’azienda americana sia in grado di rimpiazzarli.
Allo stesso tempo, gli Usa producono in media 30mila proiettili di artiglieria per obici da 155 millimetri all’anno, ma agli ucraini bastano ancora una volta solo quattordici giorni per usare questa quantità di munizioni ed esaurire le scorte.
Secondo diversi esperti, dunque, gli Usa e i paesi Ue dovranno fare i conti con le carenze del proprio sistema industriale e trovare il modo di adeguarlo al contesto bellico attuale, puntando su un aumento della produzione bellica e sulla riapertura di alcune linee precedentemente chiuse.
Nel fare ciò però dovranno fare i conti con le proprie opinioni pubbliche, il cui sostegno verso la guerra inizia pian piano a erodersi a causa degli effetti negativi dell’interruzione dell’approvvigionamento di gas dalla Russia e dell’aumento del costo della vita, derivante tanto dal protrarsi del conflitto quanto dalle sanzioni occidentali.
© Riproduzione riservata