Una consulenza balistica, un’altra biologica, ma anche le conversazioni tra l’indagato e la moglie nella notte del capodanno finito con un colpo di pistola. Sono i documenti depositati dalla difesa di Emanuele Pozzolo, il deputato di Fratelli d’Italia (al momento solo sospeso), proprietario dell’arma dalla quale è partito il proiettile che ha ferito Luca Campana, genero di Pablo Morello, capo della scorta del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove.

«Chi non era in sala»

I report tecnici, che Domani ha letto, censurano il lavoro della tecnica nominata dalla procura, «non è lecito che in una consulenza tecnica giudiziaria l'incertezza si tramuti in certezza senza spiegazione», e tornano a porre la questione dello stub, effettuato solo su Pozzolo, ma che sarebbe stato utile farlo a tutti perché avrebbe «consentito di capire chi non si trovava all’interno della sala». L’attenzione sul non è rimarcato nel documento, inevitabile il riferimento a Delmastro, il sottosegretario si trovava all’esterno della sala stando alle ricostruzioni dei presenti e alla stessa versione da lui fornita.

La candidatura di Pozzolo è stata fortemente caldeggiata proprio da Delmastro che ora non riesce a gestire il deputato che dice e non dice, parla e non parla, e manda messaggi su quella notte. «Penso l’amico Delmastro ricordi male», ha replicato in merito alla versione fornita dal sottosegretario. Una strategia che oltre al deposito dei documenti passa anche per altro: Pozzolo, è l’altra novità emersa in questi giorni, ha chiesto di farsi ascoltare dai pubblici ministeri, ma potrebbe non presentarsi come già fatto all’inizio delle indagini o anche ritirare la disponibilità.

L’atto d’accusa

Intanto non è escluso un accordo con Campana, seguito dall’avvocato Marco Romanello, che potrebbe portare al risarcimento danni e al contestuale ritiro della denuncia per lesioni. Ma per Pozzolo i guai non sono finiti perché restano gli altri reati contestati dalla procura, reati oggetto delle relazioni depositate dalla difesa che provano a smontare ogni dato acquisito.

Ma prima di passare in rassegna i documenti difensivi, dove c’è anche un riferimento all’omicidio Kennedy, bisogna ricordare l’atto d’accusa dei pm, contenuto nell’avviso di conclusione delle indagini notificato a inizio aprile. «(Pozzolo) Maneggiava con imperizia la citata arma (la quale, per la messa in sicurezza, prevedeva la ed. “mezza monta delcane”) ed esplodeva un colpo dal citato revolver», scrive la procura. Tra gli altri reati contestati i più gravi sono il porto abusivo d’arma da fuoco, «illegalmente portava in luogo pubblico e aperto al pubblico la pistola (...)detenuta esclusivamente in "Licenza di collezione"», e l’uso di munizionamento espansivo, «illegalmente, portava in luogo pubblico e aperto al pubblico nn. 5 cartucce (...) (espansive) il cui uso è inderogabilmente interdetto per le armi comuni da sparo in relazione agli artt. I co. 3 e 2 co, 4 della Legge n. 110/1975 (in virtù dei quali il citato munizionamento rientra nella categoria delle munizioni da guerra)».

Il magic bullet di Kennedy

La perizia balistica difensiva è firmata dal perito, consulente anche di diverse procure, Luca Pierpaolo Soldati. Si inizia proprio con la messa in discussione del punto cardine dell’impianto accusatorio tentando di destrutturare il lavoro dell’esperta scelta dai pm, Raffaella Sorropago. Una «censura» che riguarda il metodo dell’indagine perché la consulenza tecnica avrebbe tramutato l’incertezza in certezza in merito a chi avesse in mano la pistola. Si passa poi ai presenti, le loro sono «mere narrazioni» che l'esperta avrebbe anteposto ai suoi esperimenti e utilizzato per una ricostruzione del fatto che non avrebbe assolto «correttamente il compito assegnato».

Anche sul modello della pistola la perizia contesta quello indicato dalla procura, così come viene posto un dubbio sulla definizione di «insidiosa» per l’arma utilizzata e su un riferimento normativo. «Nessun esperimento, prova o accertamento tecnico o scientifico eseguito dalla consulente le ha consentito di determinare e affermare la attribuzione dello sparo all'indagato Emanuele Pozzolo, come invece sembra emergere dalle conclusioni dell'elaborato», si legge nella perizia difensiva.

Lo stub, scrive la difesa, andava fatto a tutti i presenti e costoro sarebbero risultati positivi, ma soprattutto l’esame avrebbe consentito di capire «chi non si trovava all'interno della sala». Il ritrovamento di particelle di polvere da sparo su un sospettato «non può mai provare che il soggetto sottoposto alla ricerca di tracce di sparo abbia sparato». Quello dello stub è un «un mero indizio neutro», si legge.

​​​​​​Le narrazioni dei presenti, quella della vittima, quella del pubblico ufficiale Morello, le risultanze dello stub non sono sufficienti, secondo la difesa che cita la letteratura in materia. Il perito si concentra anche sulla traiettoria assunta dal proiettile dopo aver toccato il tavolo arrivando a conclusioni differenti. «Una traiettoria balisticamente impossibile, come fosse una riedizione del magic bullet dell'omicidio Kennedy... che richiede, senza dubbio, una revisione della dinamica del fatto partendo dalle evidenze tecnico-scientifiche, e non invece come è stato fatto dalle narrazioni dei presenti», chiosa il perito che affronta criticamente anche il tema delle cartucce a espansione, che sarebbero deformabili e non vietate, così come ritiene questione controversa quella attinente il reato di porto illegale di armi.

Ma allora chi ha sparato? Questo potrebbe chiarirlo il deputato quando sarà ascoltato, ma stante i documenti difensivi non resterebbe nulla da contestare a Pozzolo per quella serata che stava finendo in tragedia.

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