«Interveniamo e poniamo fine a quella che è un'installazione selvaggia di fotovoltaico a terra». Spiega così il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, la decisione di inserire nel decreto Agricoltura una norma che regola l’installazione del fotovoltaico sui terreni agricoli.

Di fatto rappresenta un serio ostacolo per lo sviluppo delle rinnovabili, mettendo a rischio gli obiettivi confermati dallo stesso ministro dell’Ambiente e delle sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, durante la conferenza stampa del Consiglio dei ministri dello scorso 6 maggio.

Un approccio ideologico, né tecnico né scientifico, senza una vera volontà di risoluzione dei problemi», commenta Attilio Piattelli presidente del Coordinamento Free (Fonti rinnovabili ed efficienza energetica) che raccoglie più di 20 associazioni attive in questi settori.

«Certamente ci sono degli interessi da parte del mondo agricolo e del settore delle rinnovabili, che vanno però conciliati». Invece, nonostante esistano già delle norme – come il decreto Aree idonee dello scorso anno – che regolano l’installazione di impianti fotovoltaici o eolici, si è deciso di bloccare il settore, fatti salvi impianti già autorizzati o in fase di installazione.

«Una schizofrenia del modo di normare. Non si può avere prima un decreto sulle aree idonee, poi fare dei decreti semplificativi e infine bloccare tutto», sottolinea Piattelli.

Rilancio al G7, blocco in casa

La stessa sensazione si ha se si confrontano le posizioni rilanciate dal nostro paese durante il G7 Clima energia e ambiente solo pochi giorni fa, dove si è ribadita la volontà di triplicare la capacità produttiva globale di energia elettrica da rinnovabili entro il 2030. E la posizione di Pichetto Fratin, confermata sempre durante la conferenza di lunedì scorso, quando ha parlato di un obiettivo di 40 GW di nuova potenza installata sempre entro la fine del decennio. Tutto questo nonostante più di qualche proiezione dica che per rispettare gli accordi europei dovremmo installare almeno 65 GW di rinnovabili.

«In assenza di modifiche, il provvedimento bloccherà moltissimi progetti fotovoltaici e, di conseguenza, l’Italia fallirà gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 stabiliti a livello nazionale ed europeo», spiega Italia solare, associazione di settore.

«E pertanto sarà passibile di procedura di infrazione comunitaria, né riuscirà a utilizzare i fondi per la transizione energetica previsti dal Pnrr».

Un falso problema

Ma la posizione ideologica si palesa più chiara quando si adduce a un consumo di suolo o di «installazioni selvagge», che andrebbero a togliere terreno agricolo per la produzione agricola.

«Il problema dell’agricoltura e dell’abbandono dei terreni agricoli non è certo il fotovoltaico», sottolinea Piattelli. Infatti la Sau (Superficie agricola utilizzata) è in riduzione da oltre vent’anni, e si calcola ci siano almeno 4 milioni di ettari di terreni agricoli inutilizzati, abbandonati, ma che potrebbero essere disponibili.

Inoltre c’è da considerare il fatto che per triplicare le installazioni rinnovabili come stabilito al G7, richiederebbe meno dell’1 per cento delle aree agricole del nostro paese, e che per raggiungere il meno ambizioso obiettivo del RePowerEu servirebbe solo lo 0,5 per cento dei terreni agricoli.

«Il problema del consumo di suolo non è certo il fotovoltaico», continua Piattelli. Secondo l’Ispra nel 2022, la perdita di suolo è accelerata rispetto agli anni precedenti arrivando alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo e avanzando, in soli dodici mesi, di altri 77 chilometri quadrati, oltre il 10 per cento in più rispetto al 2021, e questo «provoca la costante diminuzione della disponibilità di aree agricole eliminando in 12 mesi altri 4.500 ettari, il 63 per cento del consumo di suolo nazionale».

Colpito anche l’agrivoltaico

Restano inoltre molti dubbi sull’agrivoltaico, ovvero sulla possibilità da parte delle aziende di installare impianti fotovoltaici a terra che già prevedono una determinata interlinea, la possibilità di coltivazione e di movimentazione macchine e degli operatori, non inficiando quindi la produzione.

«Con questo provvedimento si impedisce l’agrivoltaico a terra se non con strutture elevate e molto costose che necessitano di incentivi», spiega infatti Italia solare. «Un assurdo concettuale», continua il presidente del Coordinamento Free. «Se coltivo una coltura alta 30 centimetri, non vedo perché devo fare impianti alti 2,10 metri».

Non solo, ma è ben noto che il ruolo di queste strutture potrebbe essere determinante anche nella resa agricola, dato che con il caldo intenso che stiamo registrando ormai da mesi, molte colture soffrono. Il fotovoltaico invece potrebbe proteggerle grazie all’ombreggiamento, riducendo allo stesso tempo i consumi idrici. Si stima infatti che, grazie all’azione di ombreggiamento, sia possibile risparmiare anche il 30 per cento di acqua per determinate colture.

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